Filomena Marturano: la famiglia allargata dal ricatto d’amore

27 Novembre 2017 no comments stampa Categories NewsTags , , , ,

di Franco Principato

 

Il coraggio della maternità. E’ l’amore per i figli, l’amore senza prezzo, l’amore che ti fa sopportare tutto, l’amore che ti impedisce di piangere, ti secca gli occhi e ti fa ingoiare tutte le lacrime ed ogni sorta di angheria e di ingiuria. Quell’amore che nasce anche per caso, che nasce da un’azione remunerata, da una prestazione.

Filomena Marturano ne ha tre di figli, tre figli nati per mestiere e non abortiti, tre figli nati durante  il legame con Domenico Soriano, viveur della Napoli borghese, attanagliato dal fascino di Filomena.

L’attualità tematica di Eduardo. De Filippo scrive questa commedia nel 1946, mentre era accesa la discussione legislativa sui diritti dei figli nati fuori dal matrimonio, mentre si tentava di abolire l’odiosa dicitura documentale ‘figlio di nn’. Eduardo disegna un donna con un carattere forte, quasi mascolino, una donna modernissima che sa usare al contempo il proprio essere femmina e il cervello ma soprattutto le parole.

Proprio sulla parola Liliana Cavani e Mariangela D’abbraccio puntano in questo allestimento: la recitazione marcata, segnata, meditata sillaba per sillaba segna il peso delle parole, un peso che sovrasta ed esalta la stessa storia.

L’inganno di Filomena. Filomena accalappia finalmente Domenico Sorace facendosi sposare perchè lo convince di essere in punto di morte, ma subito rivela di stare benissimo e il matrimonio permette alla nuova signora Sorace di allontanare dal marito le altre femmine e soprattutto di poter realizzare il suo sogno, la sua materna ambizione: dare ai suoi tre figli segreti un cognome rispettabile e magari pure un’agiatezza economica. Ma il beffato don Mimì  punta a far annullare il matrimonio e mette alla porta l’antica amante. D’Abbraccio rivive l’infanzia di Filumena, la sua gioventù, la fame nei bassi, l’inizio del mestiere, le gravidanze nascoste e le parole Mariane che l’hanno convinta e dare alla luce le sue creature. L’attrice napoletana è struggente, riesce nel miracolo di creare il  pathos anche subito dopo una battuta ilare, riesce a commuovere senza alcuna trascendenza teatrale, nella finzione scenica riesce a trasmettere verità e sentimento.

La rivelazione filiale. Filomena invita a casa i tre figli e rivela di essere la loro madre e contemporaneamente confida a Domenico Sorace che uno dei tre è nato una precisa notte, per un preciso e indimenticabile rapporto fra loro due, un rapporto pagato con una banconota. Don Mimì, ammorbidito dall’età e dall’insperata paternità, ma soprattutto vinto dalla prova buttata su tavolo da Filomena, si impegna a rinnovare il matrimonio annullato dalla legge. Ma ad una condizione…

L’eterno segreto di Filomena e Eduardo. Domenico Sorace vuole sapere il nome di suo figlio, vuole conoscere la carne della sua carne, vuole essere chiamato papà. Filomena non cede, piuttosto rinuncia al nome Sorace per se e per la sua prole, sta per andare via sconfitta quando inaspettatamente e ad una sola voce i tre figli di Filomena si rivolgono a don Mimì chiamandolo papà. E’ la capitolazione.

Alla ricerca dalla paternità perduta. Si sposano ma Filomena sa benissimo che nessuno potrà dare a lei né al marito i momenti e le esperienze vissute dai genitori con i lori bambini, ma almeno potranno contare su questa famiglia ritrovata, ricostruita, una famiglia basata sull’uguaglianza fra figli legittimi e naturali. La famiglia basata sull’amore e… certificata.

Molto apprezzata la prima regia teatrale della Cavani. Un debutto molto tardivo quello di Liliana Cavani alla regia teatrale, un debutto soddisfacente per il taglio più moderno dato sia al testo di Eduardo che ai caratteri dei personaggi. D’abbraccio è stata osannata dal pubblico. La sua Filomena combattiva e passionale, coraggiosa ed emozionante, persuasiva e grintosa ha smosso i sentimenti del pubblico, ha creato commozione e solidarietà: il personaggio in scena è diventato persona. Ovazione finale per lei ma applausi ripetuti anche per l’apprezzato Geppy Gleijeses, un Domenico Soriano perfetto nel  ruolo di dongiovanni sbiadito, di libertino a fine corsa.

 

 

Foto di scena di Kalos Longo